
Ricordi, amicizie e il tempo che fù – Parte prima
Non sono mai stata alla ricerca dell’amicizia, alle volte ho rincorso un po’ la popolarità e l’unione di alcuni gruppi ma il non averla ottenuta spesso è stata colpa mia, delle mie stupide regole invalicabili talvolta fondate altre troppo esasperate da una rigida educazione paternale. La cosa bella era che con il mio modo di essere serioso, rigido ma che mutava in comico e scanzonato spesso erano gli altri a fare la prima mossa e io compiaciuta e onorata mi legavo traendone poi nel tempo una bella amicizia.
Nei primi anni della mia vita le figure ludiche sono state la classe di ferro 1908, che alternavano giochi tratti dai passatempi anteguerra a rigidi insegnamenti di vita a amore spropositato, qualcosa che si chiama amore ed è proprio quell’amore che anche io per prima per quanto mi affanni a volerlo tramandare non è lo stesso, perché era quell’amore tratto da esperienze di vita vere, da quel pizzico di ignoranza del mondo esterno, da rigide regole, da una unione, da un rispetto e da un calore il quale sarei disposta a qualsiasi privazione pur di poterlo ricreare.

Qualche anno dopo nacque la figlia, della figlia di una amica di mia madre, si trasferì con i suoi genitori nel palazzo di fronte al nostro, una telefonata arrivò qualche giorno dopo, dove la madre raccomandava alla vecchia conoscente un riguardo per la giovane coppia, come era solito fare qui in segno di rispetto. Io conobbi questa bambina poco dopo se non ricordo male era circa tre o quattro anni più piccina di me. Ve ne ho parlato in un altro articolo Martina.
L’età non rappresentò un problema come vi raccontai sembrava molto più adulta di quanto lo fossi io, ma adoravo il fatto che tendesse a non prevaricare su me in quanto fossi maggiore di età. La sua vita era piena, viaggi, dei genitori giovani, nuove tecnologie in casa, attività extra scolastiche che mi incuriosivano ma rappresentavano un ostacolo per me se avessi mai voluto condividerle. Beh, devo dire che alcune delle sue esperienze le sognavo osservando la sua vita e tornata a casa ormai consapevole che alcune cose non sarebbero potute mutare nella mia famiglia le annotavo con il desiderio un giorno di poterle realizzare per me o per i miei figli.
Passammo degli anni fantastici, si giocava con davvero poco e la nostra fantasia non aveva limiti. Anche lei appartiene a quella categoria del girarsi dall‘altro lato se la incontri per strada. La lentezza dell’evoluzione della mia vita ha dato agio al razionalizzare molti più aspetti rispetto a una ragazza per esempio come lei che avendo già una vita a mille da piccola sarà stata bensì altrettanto nel suo futuro. L’anno scorso dopo non so quanti anni venne a prendere un caffè nel nostro bar la madre con la sorella di M. alle porte del suo matrimonio, le mandai gli auguri e fui davvero felice per lei.
Se mai leggerai questo articolo ti ringrazio per la tua amicizia, per i ricordi di quegli anni per aver fatto parte della mia giovane vita.
Fedele ai canoni della mia scrittura unita all’essenza della musica, attribuisco una colonna sonora che ha accompagnato quegli anni.

La canzone che ricorda il periodo della nostra amicizia è Je so’ pazzo di Pino Daniele, saltando su e giù per la casa la si cantava insieme alla sua famiglia che pedagogicamente la interrompeva quando il celebre cantante dava sfogo a una delle frasi che adesso vorrei espletare più volte al giorno.
Accanto al mio palazzo al secondo piano tutte le estati veniva da Milano a passare le vacanze dai nonni Marta, lei un anno più grande di me e cinque in più di Martina credo.
Le sue zie che risiedono tuttora nel cortile da mamma ci presentarono in quel tempo, e così quando alla TV fine Maggio, inizio Giugno una nota pubblicità aveva come sigla Lemon Tree e mio padre mi diceva sussurrandomi da domani non andrai più a scuola, venivo pervasa da una emozione indescrivibile e aspettando l’arrivo di Marta che si presentava sotto la finestra con i giochi tra le mani e mi chiedeva di scendere giù in cortile, una voce gridava dentro me benvenuta estate. Lei tramortiva i nostri giochi pacati con il suo dinamismo e quel tocco di aria forestiera.
Così si formava il trio, io ragazza in cerca d’autore piena di inventiva, razionale e emotiva, Martina simil donna piena di atteggiamenti aperti al mondo, Marta esuberante un po maschiaccio che portava una ventata di innovazione da quel di Milano. Feste in cortile, dolci e gelati, corse in bicicletta e cantare a squarciagola con il walkman alle orecchie. Parecchi anni e parecchie estati. Poi l’adolescenza, cominciò a scendere dai nonni una estate si e una no fino a perderci. Qualche telefonata, qualche messaggio di auguri nelle feste e poi il nulla.
L’anno che mi sposai scese a Messina anche lei per sposarsi me lo disse la zia, una mattina la vidi al parcheggio di casa e alzai la mano per salutarla e farle i miei auguri ma si girò dall’altro lato. La vita va avanti e il vecchio ho capito che si cancella con una spugna. Qualche settimana fa incontrai la zia al supermercato e mi disse che adesso è mamma di tre stupendi bambini, sono davvero felice per lei. Anche a te se mai arriverai a questo blog ti mando i miei saluti e ti ringrazio per gli anni passati, per i ricordi d’infanzia e per quello che anche tu hai segnato nella mia vita.
Fedele ai canoni della mia scrittura unita all’essenza della musica, attribuisco una colonna sonora che ha accompagnato quegli anni.
La canzone che ricorda il periodo della nostra amicizia è l’Aurora di Eros Ramazzotti, la si cantava nei nostri pomeriggi d’estate e si fantasticava sul nostro futuro.
Grazie per avermi ascoltata, qualora lo vogliate mi troverete qui ho tanto ancora da raccontarvi…

