
Ricordi, amicizia e il tempo che fù – parte quarta
Alle superiori conobbi Selene il primo giorno chiesi se il suo banco fosse libero per sederci insieme ma mi rispose che aspettava una ragazza. Trovammo delle rispettive colleghe di viaggio per questa nuova esperienza ma nei mesi a seguire ci ritrovammo a chiacchierare su quanto fossero particolari. La sua per certi aspetti la mia per altri ma ci ridevamo su raccontandoci durante le pause le bizzarrie dei loro atteggiamenti. Qualche mese dopo una assidua frequentazione extrascolastica riuscimmo a diventare una squadra.
Lei una cima in matematica io me la cavavo nella scrittura eravamo diventate una macchina da guerra da studio, lei faceva i miei compiti di matematica e mi preparava per le interrogazioni, io arrivavo a farle il tema e copiarlo in bella copia per lei, particolarità del caso avevamo una simil calligrafia e riuscivamo a compensarci, vi racconto un episodio, la professoressa la interrogò due volte in matematica dividendo i due voti tra il suo e il mio cognome salvandomi la pagella, i nostri cognomi venivano uno accanto all’altro e poiché sempre unite finiva quasi per scambiarci, ancora ci ridiamo su ricordando. La sua pecca più grande la lentezza.
Io frenetica, dormivo poco e ad occhi sbarrati volevo mille cose dalla mia giornata, lei ne faceva due dopo averla trascinata dal suo sonno profondo, io rappresentavo il suo motore di persuasione, spesso anche in delle marachelle o delle baldorie non autorizzate ma devo dire che appena preso gusto mi teneva testa con gran classe. Ci fu un affetto quasi innato. Si passava le giornate insieme, alternando i pranzi e le cene a casa di ognuno. La mia famiglia le voleva bene come una figlia, mio padre dopo la scuola si faceva trovare con l’uovo alla coque fresco anche per lei e la mia merenda nello zaino era sempre doppia perché a malapena riusciva a prendere l’autobus stropicciandosi gli occhi.
Anche la sua famiglia rappresentò parte integrante nella mia vita, mi accolsero negli anni e mi sono stati vicini in momenti anche terribili, ospitandomi a casa loro mentre la mia famiglia si ritrovava a superare gravi lutti e perdite. Spesso saltava la scuola in quel periodo e i miei 20 giorni di assenza diventarono anche i suoi mentre tentava di farmi distrarre dagli ennesimi colpi ricevuti. Ridere l’azione e il verbo in se lo abbiamo coniato noi.

Quanto abbiamo riso in quegli anni fino una volta in autobus a farmi la pipì a dosso una cosa che non mi sarei mai aspettata, ma ridevamo da tutto il giorno e finii per scoppiare. In quegli anni regnava la serenità e la pace dei sensi in amicizia, riuscì ad amalgamare i nuovi e i vecchi amici in un gruppo e stare insieme era diventato vitale per noi. La più grossa la combinammo partendo in gita a 14 anni con un gruppo di diciottenni e ventenni le due mascotte di quel viaggio.
Quanto ci siamo divertiti i quei viaggi, io impedita in sport estremi rischiavo valanghe a ogni discesa con lo slittino, lei spericolata e sicura delle sue azioni. Durante una estate mi portarono con loro a casa al mare ci divertimmo parecchio ma incoraggiandomi ad azioni più sfrenate le quali ero incapace a portare a termine finii per combinarne una al minuto come, decapitare suo cugino durante un tuffo, scivolare con il secchio in mano in una lotta di gavettoni, prendere un granchio sull’alluce sulla spiaggia di Ragusa, restare per ultima in un sentiero ciottoloso su una bici che pesava più di me. ah! Quanti ricordi! Si cari lettori ero proprio imbranata.
Le parole, l’affetto, l’eleganza dei gesti e le pianificazioni di feste e uscite erano le mie virtù sociali. Conobbi vari flirt mentre eravamo amiche e con la prudenza di noi ragazze 80 facevamo si che anche se distaccate per trascorrere qualche ora al bar con il tuo lui o sulla panchina della villa comunale a scambiarci i primi baci fossimo sempre in contatto per chiedere aiuto se mai non ci fossimo fidate di un gesto o una azione di troppo. Girava l’isolato con il nostro gruppo controllava e tornava al suo pomeriggio e dopo qualche minuto ripeteva l’azione. Segnali di approvazione fatti da lontano e noi serene e compatte.
Avevamo una sintonia che non richiedeva numerosi sforzi. Gli anni correvano in fretta e pregavo che tutto quello che avevo costruito di vero e puro non venisse mai contaminato dalla società che ci avrebbe cambiati e un po’ meccanizzati. Conobbi Giuseppe mentre eravamo amiche, di lei mi fidavo ciecamente e mentre io scendevo in centro in autobus perché mio padre mi vietava severamente i motorini, lei veniva con il mio ragazzo in moto perché quasi vicini di casa. Eravamo una bella squadra.

Conoscevo da poco Giuseppe e lo invitò al suo compleanno e anche li vidi amalgamare la mia vita sociale perfettamente. Le cose ben preso mutarono la mia malattia arrivò bussando alla porta e arrivò mentre le nostre vite stavano cambiando, mentre tutto andava veloce, mentre tutto stava prendendo il volo.
All’inizio non mi diagnosticarono subito il male e pensavano fossi solo depressa per la vita difficile che avevo passato, continuavano a ripetermi che lo stress provocasse questi lancinanti dolori ma la bellezza di quegli anni, i sogni, le aspettative che hai non possono deprimerti e per quanto io facessi notare che non riuscivo più ad alzarmi dal letto i medici continuavano a darmi futili risposte e il resto dei miei coetanei prendeva altre strade. Mentre l’aereo partiva in gita all’estero io guardavo il cielo di Aprile sul mio letto di ospedale e sentivo allontanarmi da tutto anni luce.
Anche il mio rapporto con Giuseppe si sgretolò il giorno del mio intervento, fatta la diagnosi andò via e mentre io sotto anestesia li cercavo mi ritrovai da sola. Festeggiammo il mio onomastico dopo settimane di ospedale, mio padre fece un gran banchetto, ancora con i punti, io mi ritrovai per l’ennesima volta speranzosa di un nuovo inizio. Ma quella sera Giuseppe mi lasciò e poiché venuti insieme andarono via insieme. Cercai chiarimenti in lei disperata, mi rispose che era amica sua e non voleva dividersi, mi sentii tradita da questa parola mai chiarita nel tempo e ben presto ci allontanammo. Per qualche anno mantenemmo i rapporti nelle feste comandate poi ognuno fece la propria strada.
Superato il rancore che mi portai per un po’ la invitai spesso a vederci o a raggiungerci a Roma durante l’università. Ma appena iniziato il calvario della malattia di mio padre ci allontanammo definitivamente. Sono passati parecchi anni e il giorno dopo la morte di mio padre mi arrivò la sua telefonata, non sapeva nulla di ciò che fosse accaduto disse che sentiva solo il bisogno di chiamarmi, lo presi come un segno. Da allora si ripresero i contatti ma io credevo di essere cambiata davo il giusto valore a tutto soprattutto dopo le mie esperienze. Mentre passavano i mesi mi rendevo conto di essere particolarmente legata al passato e averla nella mia vita mi faceva davvero piacere.
Un anno dopo la inviati al mio matrimonio insieme alla sua famiglia, ne fui davvero entusiasta. Avrei voluto chiederle di farmi da testimone ma io quella ragazza razionale che tutto spiegava e tutto diceva finii per non trovarne il coraggio e stremata dagli eventi della vita non volli aprire vecchie ferite. Così accettai le proposte dei volontari. I primi mesi si festeggiava insieme ci eravamo ritrovate e poiché impelagata in una situazione particolare sentivo il bisogno di sostenerla alle volte forse con forti atteggiamenti ma che sapevo di potermi permettere perché le volevo bene. Passò il primo anno e io dovetti affrontare l’ennesima sfida di vita mia madre in coma e la mia malattia tornata.
Decisi che dovevo aiutarla a trovare il diversivo e che le mie ennesime sfide avrebbero portato l’ennesima delusione perché per quanto io lotti le mie direzioni sono sempre opposte alla bussola della normal vita. Frequentavo un corso di balli caraibici, si io ci provo sempre a rimettermi in gioco… la invitai a venire a qualche lezione. Si innamorò di quel mondo e rimase li. Io mi sono assunta le mie ennesime responsabilità sono tornata a scalare le montagne della vita. Ci siamo perse un po’ di vista, ma spero che abbia trovato il suo equilibrio.
Anche a te ringrazio per tutto quello che mi hai lasciato nella mia storia, nel mio cuore e auguro davvero che possa realizzare il tuo sogno dopo una lotta senza fine. Insieme abbiamo ascoltato di tutto alla radio il tempo trascorso in sua compagnia era tanto e le nostre scelte musicali oscillavano in base ai giorni o agli umori, una cosa ci faceva ridere che accadeva spesso, ci si mandava sms al cellulare tutta la notte nei periodi dove esisteva una promozione per poterlo fare e ascoltando la radio in piena oscurità mi capitava di imbattermi in una canzone del momento le davo la stazione radio e aspettavo che mi rispondesse dicendomi l’ho trovata ma nella sua vecchia radiolina accanto al suo letto finiva sempre per imbattersi solo in radio Maria con il rosario cantato della mezzanotte e noi buffamente ci ridevamo su.
Grazie per avermi ascoltata, qualora lo vogliate mi troverete qui ho tanto ancora da raccontarvi…

